lunedì 4 luglio 2011

Il mito della casa di proprietà...

Il mito della casa di proprietà tanto caro agli italiani sembra avere dei fondamenti di razionalità, se raffrontato alla locazione. Il Sole 24 Ore  ha affrontato con il conforto dei calcoli dell’Ufficio Studi di Tecnocasa il duello tra le due opzioni. Si è ipotizzato inizialmente che venga acquistato un bilocale in zone differenti di Milano (centrale e semicentrale) e che acquirente e inquilino dispongano dello stesso capitale iniziale.
Per quanto riguarda l’opzione di acquisto sono stati considerati i costi legati all’acquisto della casa e alla accensione del mutuo, nonché tutti i costi accessori che concorrono a formare il cosiddetto “loan to value” (LTV). Quest’ultimo è il rapporto tra valore del mutuo e valore dell’immobile. Oggi questo rapporto non eccede il 70%, mentre ai tempi d’oro dell’immobiliare poteva arrivare anche al 110%. In pratica accadeva che gli istituti bancari erogassero un mutuo di valore superiore a quello dell’immobile. La discesa dell’LTV deriva anche dalle perizie immobiliari condotte oggi con criteri molto più prudenziali che in passato.A quanto sopra detto bisogna aggiungere la rata mensile del mutuo ipotizzando un tasso fisso del 5,1% (base media tassi fissi a 20 anni) e quattro durate (10,15,20,30 anni) e tutte le spese di gestione dell’immobile, sia di tipo ordinario che straordinario. Tali esborsi dovrebbero compensarsi con la rivalutazione della casa acquistata, che il Sole 24 Ore ha ipotizzato essere pari prudenzialmente alla media dell’indice Istat degli ultimi 10 anni, anche se è noto che nel lungo periodo il mattone si rivaluta più dell’inflazione. Tecnocasa conferma infatti che la rivalutazione dei prezzi degli immobili sia stata del 58% nel periodo 2001-2010 e dell’88% nel periodo 1996-2010.
Da ultimo è stato aggiunto a tutte le voci di spesa sopra citate il beneficio fiscale riveniente dalla detrazione degli interessi passivi.
Per quanto riguarda invece l’opzione di affitto  si è ipotizzato a titolo di confronto che il capitale iniziale disponibile sia investito in un Btp della stessa durata del mutuo e che il canone di locazione sia aggiornato annualmente secondo indice Istat. Poiché sono state fatte ipotesi di acquisto o affitto sia in centro che in semicentro e, a differenza della rata di  mutuo, i canoni di locazione si differenziano per zona, si è ipotizzato che la differenza di esborso in favore del locatario venga investita in un conto corrente bancario ordinario, remunerato allo 0,25%. Allo stesso modo sono trattate le eventuali differenze positive tra costi di gestione dell’immobile, costi di locazione e beneficio fiscale per la detrazione degli interessi. Si ipotizza ovviamente che il mutuo venga estinto solo alla scadenza. A tale data il plus o minus valore finale sarà dato per l’acquirente dal delta tra il valore futuro dell’immobile e tutti i costi sostenuti, mentre per l’inquilino la differenza  finale sarà data dal delta tra il capitale investito in Btp rivalutato nel tempo ed i canoni di locazione insieme a tutti gli altri costi.
Dal raffronto dei dati si evince che esiste sempre un vantaggio per chi compera rispetto a chi affitta, eccetto che sulla durata di 10 anni. Su tale durata infatti, ipotizzando l’acquisto di un bilocale in zona semicentrale di Milano a un prezzo di 250 mila euro, con un “loan to value” del 60% e quindi una rata mensile di Euro 1662 euro, contro un canone di affitto di Euro 900 iniziali, il plusvalore alla fine dei 10 anni è a favore dell’inquilino, con un delta netto positivo di Euro 14,8 mila.
A partire dai quindici anni invece è sempre più conveniente acquistare invece che prendere in locazione. Il massimo del plusvalore si raggiunge, sempre con l’ipotesi di acquisto del bilocale per 250 mila Euro in zona semicentrale a Milano, raffrontando mutuo e locazione su un arco temporale  di 30 anni, con un delta positivo finale in capo al proprietario di Euro 311,7 mila. Così sembra tutto semplice ma il vero nodo dopo la crisi dei subprime è proprio quello della disponibilità del credito da parte delle banche a chi ne abbia necessità. Infine è necessario segnalare che l’effetto tassi convenienti si è esaurito e il timore per il futuro reindirizza verso i tassi fissi.